Chiesa di San Sebastiano e affresco del Perugino

Notizie tratte dal sito dell'Associazione culturale Pan Kalon 

Posta a circa un chilometro dalle mura del castello, la chiesa di San Sebastiano è stata costruita per iniziativa della comunità di Panicale con la destinazione a santuario “contra pestem”. Nel XVI secolo diventò colonia estiva per i Gesuiti e nel 1690 fu concessa al Collegio delle Vergini. Nella parete di fondo è dipinto il Martirio di San Sebastiano, colpito dalle frecce scagliate da quattro arcieri davanti ad un grandioso porticato che si apre con una vista sul lago. Sebastiano era un soldato romano vissuto al tempo di Diocleziano. Condannato a morte per essersi convertito al cristianesimo, fu sottoposto a una scarica di frecce e sopravvisse al martirio. Per questa ragione fu invocato contro la peste: nell’antichità le frecce erano ritenute portatrici di malattie e di morte; in età medioevale tre frecce in mano a Cristo simboleggiavano i principali flagelli che angustiavano l’umanità: peste, fame e guerra. Negli anni immediatamente precedenti l’esecuzione del dipinto, Panicale era stata messa a sacco dalle truppe di Valentino, figlio di Alessandro VI Borgia, che si erano accampate a Fontignano nel 1503. Subito dopo (1504) scoppiò la peste. L’affresco fu eseguito da Piero nel 1505. Il nome del pittore è scritto sul plinto che sostiene il santo, dove si legge a fatica: P…. DE CASTRO” La data è dipinta in lettere romane nei pilastri del portico A/D/M/DV.

Il Collegio delle Vergini

Nel 1590 la comunità (comune) di Panicale decise di fondare un monastero femminile acquistando alcune vecchie case e un terreno nel borgo  regio, oggi via Pietro Vannucci, ma solo nel 1594 ebbe inizio quel progetto. Successivamente,raffreddandosi quel primo fervore, furono dispersi i denari e occupate le antiche case da diverse famiglie.  Nel 1618 padre Virgilio Ceppari, famoso gesuita panicalese, essendo venuto in convalescenza da Roma a Panicale (ricordiamo che a San Sebastiano già esisteva un convento di gesuiti) esortò la comunità ad erigere non proprio un monastero ma una casa per l'educazione delle zitelle povere e per quelle donne vergini che volessero abitarvi per sempre.

Padre Ceppari  ottenne dai superiori le licenze ad istituire il collegio e oltre a provvedere il danaro sufficiente ne costituì le regole. Ma la costruzione si protrasse ancora per diversi anni. Era il 1629 quando il Ceppari tornando a Panicale perdare inizio all'opera volle che la prima vergine entrasse nel collegio. Si trattava di Margherita Saccallossi e siccome era di famiglia agiata a 16 anni aveva una buona cultura ed era in grado di insegnare alle altre zitelle. Insieme a lei fece ingresso la madre vedova. La solenne cerimonia si svolse nella chiesa della Madonna della Sbarra, era il 7 ottobre 1629 e Margherita venne spogliata dalle sontuose vesti per essere vestita con l'abito della nuova casa. Nella memoria di archivio si dice: “si fece sull'organo buona musica e sinfonia d’istromenti” e ancora citando la predica del padre Ceppari  “delli guai delle maritate e felicità delle donne che  non si maritano”. Lo stesso giorno si fece il consiglio della comunità in palazzo e fu emanato un bando dove si vietava che quei che giocano il cacio non si accostassero a detta casa (il gioco del formaggio o ruzzolone è un gioco tradizionalmente maschile e oggi si tiene nei giorni successivi alla Pasqua. Per chi non lo conoscesse si tratta del lancio, mediante una fettuccia, di una forma di formaggio stagionato lungo le strade adiacenti il centro storico – quando questo si spacca tutti corrono a raccoglierne le scaglie -. Tale gioco è ancora diffuso in alcuni centri storici dell’ Umbria e della Toscana).

Il Collegio delle Vergini di Panicale ebbe così la sua origine. Nelle regole che padre Ceppari dettò vi era in particolare l’istruzione ed il lavoro. Sono specificati nella fattispecie i lavori di ricamo ma si dice anche che la “fornara” debba saper fare “le ciambelle d’ogni sorte che soglionsi fare in Roma” e questo, come usano ancora molti monasteri, non tanto per il consumo della comunità ma come forma di sussistenza mediante la vendita alle famiglie del paese.

Nel 1690 il collegio era divenuto abbastanza ricco poiché per entrarvi occorreva una dote di 250 scudi (altro che per povere zitelle!), una fortuna se si pensa che si potè acquistare il palazzo dei gesuiti a San Sebastiano, da poco in disuso, per 1000 scudi. Quindi le vergini lasciarono le case del borgo regio (per capirci tutto il palazzo delle “Pieri”, casa “Valeri” e l'area retrostante che doveva essere l'orto del collegio - oggi parcheggio) per andare ad abitare a San Sebastiano.

È da notare che padre Ceppari nelle sue costituzioni regolari aveva specificato che le vergini non erano né monache né religiose anche se dovessero svolgere una vita ritirata e nella preghiera quotidiana.

Tale regola non piacque a quei vescovi, sul declinare del XVIII secolo, che iniziarono ad imporre una vera e propria regola monacale di clausura. È interessante una supplica delle vergini dove chiedono il permesso di potersi recare, assieme alle proprie famiglie, a Roma per il grande giubileo del 1700 alla quale il vescovo non fece mancare il suo diniego.

Fra le vergini ed il vescovo iniziarono alcune controversie che si conclusero nel 1750 quando il vescovo Giannotti impose una rigida regola monacale di clausura. Le povere donne si trovarono a condurre una vita da rinchiuse e così il palazzo di San Sebastiano divenne clausura e la chiesa col capolavoro del Perugino la chiesa claustrale.

Il monastero sopravvisse come tale ancora per 110 anni allorché, sopravvenuta l'unità d'Italia, nel 1860, iniziò da parte del comune un'azione di smantellamento della struttura religiosa per trasformarla definitivamente nel 1872 in scuola femminile per l'educazione delle fanciulle e asilo per i bambini del paese.

Tutto il grande patrimonio accumulato, costituito da tante case nel centro storico e 9 poderi, venne affidato all’amministrazione di un’Opera Pia detta “Istituto educativo di San Sebastiano” i cui consiglieri - ancora oggi è così - vengono nominati dal comune. Le monache rimaste, circa una ventina, furono “invitate” dal comune a divenire maestre mediante un corso da farsi a Perugia. Molte di loro rifiutarono e preferirono andarsene, alcune presso monasteri (a Perugia Monteluce e a Sarteano), altre tornarono alle proprie famiglie di origine. Tutti i beni del monastero furono svenduti a privati (ad esempio in una lettera si parla di decine di chili di argento) i mobili, le suppellettili “perfino il turibolo” denuncia in un’altra lettera l’Arciprete di allora.

L’Istituto educativo di San Sebastiano, con i redditi tratti dai poderi, dai fitti e dalle vendite, inizia così la sua opera di educazione al popolo. Dapprima in forma di collegio per fanciulle e come asilo per i piccoli e poi, dopo la prima guerra mondiale, gradualmente, istituendo le varie scuole per arrivare all’avviamento (tipo scuola media) negli anni ’30. Il palazzo è restato sede dell’asilo fino agli anni ‘80 anno in cui furono iniziati i lavori di restauro per divenire sede dell’Unità Sanitaria Locale del Trasimeno. Ancora oggi parte degli uffici amministrativi sanitari sono ospitati nell’antico palazzo che purtroppo inizia a versare di nuovo in cattive condizioni e l’orto del palazzo è divenuto uno squallido parcheggio.

Tutto il patrimonio immobile dell’ “Istituto” (poderi e terreni) è stato venduto alcuni anni fa per consentire la costruzione di una nuova struttura ricettiva per anziani autosufficienti nel luogo dove si trovavano le scuole elementari. Tutto è iniziato ma, per ora, da almeno tre anni, vediamo solo uno scheletro di cemento… Ecco quel che resta di 414 anni di storia Panicalese.

Chiesa di San Sebastiano